La separazione fittizia costituisce reato se in fronde al fisco

24 Aprile 2025

Abstract

Condanna per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte se dai social emerge che la separazione è simulata per sfuggire al fisco.

Il caso

La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 8259 del 28 febbraio 2025, conferma la pronuncia dei precedenti due gradi di giudizio, con la quale il signor X e la signora Y erano stati condannati alle pene, rispettivamente di due anni e un anno e mezzo di reclusione, per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. I due coniugi, in particolare, erano accusati di aver indicato nelle dichiarazioni annuali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo e di aver compiuto su beni di proprietà atti simulati e fraudolenti, idonei a impedire la procedura di riscossione coattiva delle imposte promossa dall’Amministrazione finanziaria.

La vicenda trae origine dal procedimento di separazione personale che era stato promosso dai signori X e Y avanti al Tribunale di Torino, nel quale i coniugi avevano previsto l’impegno del marito a trasferire alla moglie la quota del 100% di un immobile, a titolo di contributo una tantum al mantenimento a favore della stessa; tuttavia, nonostante l’intervenuta separazione, i coniugi avevano continuato a convivere more uxorio.

Osservazioni

Ai sensi dell’art. 11, co. 1, D.Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000, “È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva”.

Secondo la giurisprudenza, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato hanno natura fraudolenta quando sono connotati da elementi di artificio, inganno o menzogna, e sono tali da rappresentare una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, ma al solo fine di pregiudicare la garanzia patrimoniale a danno del Fisco.

Nel caso di specie, a sostegno della natura fraudolenta dell’operazione i giudici di merito hanno messo in evidenza una serie di elementi indicativi della persistenza di una comunione di vita e di interessi tra i coniugi coimputati, incompatibile con l’intervenuta separazione tra gli stessi.

Significativa, ad esempio, è apparsa la circostanza che il ricorso per la separazione fosse stato iscritto a ruolo poco più di un mese dopo la notifica dell’avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria; nella pagina Facebook del signor X, inoltre, erano pubblicate numerose immagini e commenti attestanti viaggi con la moglie e il costante mantenimento di comuni relazione amicali e familiari tra i coniugi. Ed ancora, dalle indagini era emersa la frequentazione assidua da parte del signor X dell’abitazione della moglie, anche in orario notturno.

Tali circostanze, sintomatiche della persistenza di una convivenza more uxorio tra i coniugi, sono state ritenute la prova della natura fraudolenta della separazione, fittiziamente posta in essere dai coniugi al solo fine di sottrarsi al pagamento delle imposte dovute all’Erario.

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