PIR Alternativi e Crowdfunding: il chiarimento dell’Agenzia sugli investimenti rilevanti

18 Aprile 2025

Abstract

Con la risposta ad interpello n. 99, resa in data 14 aprile 2025, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che, in linea generale, possono essere destinati ai PIR Alternativi gli investimenti che producono redditi soggetti a imposta sostitutiva o ritenuta a titolo d’imposta. Conseguentemente, resterebbero esclusi gli investimenti che concorrono alla determinazione della base imponibile in conformità con la circostanza per cui la costituzione di un PIR Alternativo deve avvenire attraverso il c.d. regime del risparmio amministrato.

Il caso

La società istante è una PMI innovativa, che eroga servizi di crowdfunding relativi a quattro categorie di investimenti:

  1. l’equity crowdfunding diretto, riguardante l’acquisto di partecipazioni nel capitale di rischio di s.r.l. o s.p.a.;
  2. l’equity crowdfunding tramite una società veicolo finalizzata alla sottoscrizione di un contratto di associazione in partecipazione o uno di cointeressenza impropria;
  3. la sottoscrizione da parte dell’investitore di uno strumento finanziario partecipativo emesso da una società c.d. “Titolare di Progetto”;
  4. il lending crowdfunding, consistente nella sottoscrizione di un contratto di prestito tra l’investitore e la società finanziata “a condizione che lo strumento sia erogato tramite piattaforme di peer-to-peer lending gestite da società iscritte all’albo degli intermediari finanziari […] o da istituti di pagamento autorizzati dalla Banca d’Italia”.

Dei suddetti investimenti, l’istante chiede se essi possano essere inclusi in un PIR Alternativo.

La risposta

L’Agenzia in primis illustra che i piani di investimento del risparmio a lungo termine (c.d. PIR) sono stati introdotti dalla legge di bilancio 2017, per i quali opera un regime di non imponibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dei redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria, derivanti da determinati investimenti.

Successivamente, con il c.d. Decreto Rilancio[1], nell’intento di “incentivare gli investimenti, sia in capitale di rischio che in capitale di debito, nell’economia reale e, in particolare nel mondo delle società non quotate[2], il legislatore ha inteso ampliare il perimetro applicativo dei PIR recando l’introduzione dei c.d. PIR Alternativi, i quali devono rispettare i seguenti vincoli di investimento:

  • per almeno due terzi dell’anno solare, almeno il 70% del valore destinato al PIR (c.d. quota obbligatoria) deve essere investito in “strumenti finanziari” (come infra definiti);
  • i suddetti strumenti devono essere emessi o stipulati con imprese residenti in Italia, imprese UE o SEE con stabile organizzazione nel territorio dello Stato;
  • tali imprese, inoltre, devono essere diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap o ulteriori indici equivalenti;
  • gli investimenti possono essere rappresentati anche da prestiti erogati alle predette imprese nonché in crediti delle medesime.

Ai fini dell’individuazione degli strumenti ammissibili, occorre far riferimento alla definizione di “strumento finanziario” contenuta nell’art. 1, co. 2 del TUF. Nonostante il preciso riferimento normativo, l’Agenzia ritiene che la predetta nozione sia da considerarsi “aperta”, in quanto le diverse categorie ivi presenti rinviano ad altre definizioni normative e regolamentari.

Con riferimento al quesito n. 1, l’Amministrazione, citando la circolare n. 19/E del 2021, ribadisce che le quote di partecipazione in piccole e medie imprese, costituite in forma di s.r.l., offerte al pubblico (anche tramite piattaforme di equity crowdfunding) e sottoscritte da persone fisiche possono rientrare nel regime dei PIR.

Per quanto riguarda il quesito n. 2, l’Agenzia, richiamando la risposta ad interpello n. 382/2023, esclude dall’ambito degli investimenti rilevanti ai fini PIR i contratti di associazione in partecipazioni in quanto, per loro natura, non possono essere offerti ad un pubblico indistinto.

In relazione al quesito n. 3, gli strumenti finanziari partecipativi emessi dalla società “Titolare di Progetto” possono rientrare tra gli investimenti qualificati di un PIR Alternativo a condizione che non costituiscano strumenti finanziari partecipativi con diritti patrimoniali rafforzati (c.d. carried interest) emessi al fine di allienare gli interessi dei manager a quelli degli investitori.

Infine, in merito all’ultimo quesito, l’Agenzia ricorda che assume rilevanza la circostanza che l’Istante non riveste né la qualifica di intermediario finanziario né quella di istituto di pagamento ai sensi degli artt. 106 e 114 del TUB.

Pertanto, non potendo l’Istante applicare la ritenuta del 26% a titolo d’imposta sugli interessi erogati attraverso la piattaforma di peer-to-peer lending, l’Amministrazione ritiene che i prestiti in questione non possano essere inclusi nei PIR Alternativi.

La risposta in esame consolida la posizione dell’Amministrazione in tema di PIR Alternativi, evidenziando che, in linea generale, possono essere inclusi in quest’ultimi gli investimenti da cui derivano redditi assoggettati a tassazione definitiva mediante ritenuta a titolo d’imposta o imposta sostitutiva.


[1] Art. 136 del D.L. n. 34/2020.

[2] Cfr. Relazione Illustrativa.

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