L’imposta sulle donazioni non si applica alle donazioni indirette se non risultanti da atti soggetti a registrazione

4 Aprile 2024

Con la sentenza n. 7442 del 2024, la Corte di cassazione conferma che anche alle donazioni informali tra parenti deve applicarsi l’imposta dell’8%, ove le stesse vengano dichiarate dal contribuente nell’ambito di una procedura di accertamento tributario.

Il caso

L’istante propone ricorso avverso un avviso di liquidazione per omesso pagamento dell’imposta sulle donazioni a seguito della riqualificazione come liberalità indiretta del trasferimento, emerso dall’istanza per la procedura di collaborazione volontaria, di denaro e titoli detenuti su conto corrente svizzero da parte dello zio.

In primo e in secondo grado il ricorso viene respinto sul presupposto che il trasferimento di attività finanziarie, ancorché privo dei requisiti formali dell’atto pubblico, integri una liberalità e conseguentemente sia soggetto ad imposta sulle donazioni.

La decisione

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e ritiene applicabile anche al trasferimento di liquidità tra nipote e zio avvenuta tramite ordinativo bancario l’aliquota dell’8%.

Nell’analisi della disciplina i giudici di legittimità svolgono un’analisi dei vari tipi di donazione, distinguendo tra:

  • “Donazioni dirette” o “formali”, che prevedono la stipulazione in forma pubblica di un contratto tra donante e beneficiario ex art. 769 c.c.;
  • “Donazioni indirette”, grazie alle quali tramite atto giuridico, negozio unilaterale o contratto si producono effetti analoghi a quelli della donazione diretta;
  • “Donazioni informali”, che consistono nello svolgimento di un’attività materiale (es. ordine di bonifico bancario) o nella tenuta di un comportamento consapevolmente omissivo (es. lasciando decorrere il termine di prescrizione o usucapione) che determina la diminuzione del patrimonio del soggetto dante causa e l’aumento del patrimonio del soggetto beneficiario.

La Corte, considerato che “(g)li atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo unico sull’imposta di registro” (art. 55, co. 1, d.PR. 131/1986) e che resta “(f)erma l’applicazione dell’imposta [sulle donazioni] anche alle liberalità indirette risultati da atti soggetti a registrazione” (art. 1, co. 4-bis del d.lgs. 346/90), afferma che le donazioni indirette sarebbero rilevanti ai fini delle imposte sulle donazioni solo se risultati da atti soggetti a registrazione, e che le donazioni informali non sarebbero un possibile oggetto di tassazione, data la loro genesi costitutiva.

A tale considerazione però viene aggiunto quanto previsto dall’art. 56bis del d.lgs. 346/1990, secondo il quale, anche gli atti non soggetti a registrazione rilevano ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni in due casi:

  1. ove si faccia luogo alla registrazione “volontaria” della donazione indiretta non “risultant(e)” “da atti soggetti alla registrazione”;
  2. o se la donazione indiretta sia “confessata” dal contribuente nell’ambito di una procedura di accertamento tributario.

Tale disposizione concede al contribuente, nell’ambito di un procedimento finalizzato all’accertamento di altri tributi, di optare per la tassazione di un atto di donazione, non precedentemente registrato, con la minor imposta prevista per le donazioni mediante la “confessione” della donazione stessa.

Posto che, anche l’istanza diretta ad avvalersi della procedura di collaborazione volontaria per l’emersione ed il rientro di capitale detenuto all’estero ex art. 5-quater del d.l. 167/1990, cui ha fatto ricorso lo zio donante nel caso qui in esame, può essere ricompresa tra le “dichiarazioni rese nell’ambito di un accertamento di tributi”, ove la donazione abbia avuto ad oggetto le “attività finanziare e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato” che siano volontariamente emerse per volontà dell’”autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1” del d.l. 167/1990.

La Corte conclude la propria analisi confermando che le liberalità non realizzate mediante atto solenne né sottoposte a registrazione, costituenti atti di disposizione mediante i quali il donatario si arricchisce con conseguente impoverimento del donante, rappresentano una manifestazione di capacità contributiva e sono sottoposte ad imposta dell’8% in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza resa dal donante nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi, sempre che siano superiori alle franchigie oggi previste (1 milione di euro per coniuge e parenti in linea retta, 100 mila euro per fratelli e sorelle e 1.5 milioni per soggetti portatori di handicap). Dato che, come anticipato, tale dichiarazione può essere rappresentata anche dall’istanza volta ad avvalersi della procedura di collaborazione volontaria, nei limiti di quanto già esposto, allora deve ritenersi corretta la conclusione cui è pervenuta la CTR e il ricorso viene rigettato.

Tale pronuncia ha una notevole portata innovativa, andando a contestare quanto precedentemente affermato dall’Agenzia delle entrate nella circolare 30/E/2015, ossia che l’imposta sulle successioni e donazioni si applica alle“liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione” oltre che alle altre “liberalità tra vivi che si caratterizzano per l’assenza di un atto scritto (soggetto a registrazione)”. La Corte di cassazione contesta tale posizione, definendola imprecisa e incompleta, in quanto evocherebbe un inesistente e generalizzato obbligo di registrazione sia delle donazioni risultati da atti soggetti a registrazione sia delle liberalità derivanti da atti non soggetti a registrazione perché non formati per iscritto.

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