Interposizione e esterovestizione societaria nel regime dei cd. “neoresidenti”

27 Luglio 2023

In estrema sintesi, il regime dei cd. “neoresidenti” di cui all’art. 24-bis, TUIR, prevede, a determinate condizioni, con riferimento alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia:

  • La tassazione dei redditi esteri mediante un’imposta forfettaria pari a Euro 100.000, a prescindere dall’ammontare di redditi conseguito;
  • La tassazione ordinaria dei redditi di fonte italiana.
    Fanno eccezione, a tale regola le plusvalenze realizzate all’estero su partecipazioni, entro cinque anni dall’accesso al regime. Si tratta di norma di natura cd. “antielusiva” finalizzata a evitare che il soggetto trasferisca la propria residenza fiscale in Italia solo al fine di ottenere una detassazione sostanziale delle plusvalenze.
    Particolari riflessioni merita il caso in cui il neoresidente detenga i propri asset esteri mediante delle società non residenti.
    Stante la limitata struttura e autonomia di cui dispongono normalmente tali società, queste, a seconda dei casi, potrebbero essere ritenute interposte o esterovestite.
    Nel primo caso (interposizione) non dovrebbero invero sorgere particolari criticità. In tale ipotesi, il “velo societario” sarà “sollevato”. Dunque, i redditi prodotti dalla società saranno in linea di principio considerati come redditi prodotti direttamente dal contribuente e, se esteri, tassati con l’aliquota forfettaria. Alcune problematiche potrebbero invero sorgere nel caso in cui la società consegua redditi di fonte italiana. In tale ipotesi, l’interposizione potrebbe determinare la tassazione ordinaria in capo al contribuente - quali redditi di fonte italiana - di redditi che ove imputati alla società sarebbero stati soggetti all’aliquota forfettaria. Si pensi ad esempio ai redditi che ove conseguiti dalle società estere non sono soggetti a tassazione come ad esempio gli interessi su conto corrente.
    Particolari problemi potrebbe invece generare, in teoria, una società esterovestita.
    Tenuto conto del controllo che il contribuente esercita su tali veicoli, normalmente, la contestazione di esterovestizione sarebbe quanto mai agevole, in linea di principio. L’attrazione della residenza in Italia del veicolo determinerebbe di fatto la tassazione ordinaria in Italia con aliquota IRES di tutti i redditi esteri. In teoria, infatti, i verificatori potrebbero, pur rispettando formalmente le regole del regime in esame, attrarre a tassazione ordinaria non i redditi esteri direttamente, ma il reddito della società veicolo. A propria volta, i dividendi distribuiti dal veicolo sarebbe tassato come dividendo di fonte interna in capo al contribuente.
    Si tratta di un effetto che permetterebbe in un elevato numero di casi di porre di fatto nel nulla gli effetti del regime dei neoresidenti.
    Forse proprio alla luce di tale rischio, l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 23 maggio 2017, n. 17/E, sembra tuttavia aver fornito delle indicazioni che permettono di superare tale criticità. Secondo quanto indicato nella predetta Circolare, infatti, con riferimento agli enti esteri, occorre “tenere conto del particolare status riconosciuto dall’articolo 24-bis del TUIR ai neo residenti in relazione ai redditi prodotti all’estero, anche nel caso in cui si tratti di persone fisiche che, agendo come centro di imputazione delle scelte gestorie delle entità operative estere, trasferiscono la residenza in Italia. In simili ipotesi, la peculiare condizione soggettiva della persona fisica che ha optato per il regime di imposizione sostitutiva rende irrilevante ai fini impositivi l’attrazione in Italia, ai sensi dell’articolo 73 del TUIR, della residenza fiscale di entità estere, ove la stessa fosse fondata sul solo rapporto con il contribuente che fruisce dell’imposizione sostitutiva. Ciò in quanto il regime di cui all’articolo 24-bis del TUIR si disinteressa delle vicende che attengono all’entità operativa localizzata all’estero dove il reddito si intende prodotto, ivi incluse quelle attinenti alla gestione da parte del neo residente”.
    In sintesi, l’Agenzia delle Entrate al fine di evitare le distorsioni nell’applicazione del regime che deriverebbe da potenziali contestazioni di esterovestizione ha opportunamente scelto di “ignorare” tali ipotesi.
    Di fatto, dunque, ove trovi applicazione il regime dei neoresidenti, le contestazioni di esterovestizione dei veicoli esteri controllati dal contribuente non dovrebbero essere possibili.
    Tale conclusione deve ritenersi valida solo con riferimento naturalmente al soggetto che beneficia del regime in questione.

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