Esente l’atto di divorzio redatto all’estero

22 Giugno 2023

L’Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello n. 351/2023, ha affermato che “l’esenzione dall’imposta di bollo, registro e da ogni altra tassa” disposta dall’art. 19 L. 74/1987 e riferita agli atti relativi i procedimenti di separazione e divorzio, si estende anche alle convenzioni a tacitazione della crisi coniugale stipulate all’estero e trascritte in Italia con cui i coniugi regolano i loro rapporti patrimoniali pure concernenti beni immobili siti in Italia.

L’istante acquistava con il coniuge immobili siti in Italia. Successivamente, con sentenza emessa in Spagna veniva disposto lo scioglimento del matrimonio e con un apposito atto notarile gli ex coniugi regolavano i loro rapporti patrimoniali. L’atto notarile spagnolo, tuttavia, non conteneva le c.d. “menzioni urbanistiche”[1] e “regolarità catastali”[2] richieste dalla legge italiana a pena di nullità. Si rendeva pertanto necessario il deposito dell’atto redatto all’estero presso un notaio italiano che contenesse le suddette dichiarazioni mancanti.

A parere dell’istante, il deposito presso il notaio italiano costituiva, “condizione per dare esecuzione agli accordi di divorzio”. Domandava quindi se tale atto potesse rientrare nell’esenzione di cui al citato art. 19.

Tale norma dispone, infatti, l’esenzione dalle imposte dirette e indirette di “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio e cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni” di separazione e mantenimento.

La ratio dell’esenzione si rinviene nella volontà di agevolare la sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi evitando così l’acuirsi delle tensioni familiari. In particolare, si intende promuovere il raggiungimento di “una soluzione idonea” per la sistemazione degli aspetti economici, facilitando l’accesso alla tutela giurisdizionale ed “evitando che l’imposizione fiscale possa gravare sui coniugi rendendo ancora più difficile il superamento della crisi”.

Per tale ragione, nel tempo, l’ambito applicativo della norma è stato progressivamente esteso.

In un primo momento, la Corte Costituzionale ha allargato l’ambito applicativo dell’art. 19 anche alle obbligazioni assunte in sede di separazione. In particolare, con sentenza n. 176/92, ha dichiarato la parziale illegittimità dell’art. 19 nella parte in cui non comprendeva nell’esenzione “anche le iscrizioni di ipoteca effettuate a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge nel giudizio di separazione”. Successivamente, con sentenza n. 154/99, la ha nuovamente dichiarato parzialmente incostituzionale la norma nella parte in cui “non estende l’esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi”.

L’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 27/12, ha poi chiarito che l’esenzione in commento si riferisce a “tutti” gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell’intento di gestire i rapporti giuridici ed economici legati alla dissoluzione del rapporto coniugio.

Tuttavia, il riconoscimento dell’esenzione era in origine riferito solo al contenuto “necessario e non occasionale” degli accordi patrimoniali nella crisi coniugale, si pensi alla regolamentazione deli obblighi di mantenimento della prole ovvero all’assegnazione della casa coniugale (c.d. contenuto necessario).

La giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 2111/16), invece, ne ha esteso l’applicazione “a tutti i trasferimenti effettuati o programmati dai coniugi in sede di separazione e divorzio (…) atteso che, comunque, si tratta di accordi diretti ad una sistemazione transattiva globale e definitiva della crisi coniugale” (c.d. contenuto eventuale).

In tal senso, la Suprema Corte (cfr. ordinanza n. 4144/21) ha statuito l’estensione dell’agevolazione anche agli “accordi che contengono il riconoscimento o attuino il trasferimento della proprietà di beni mobili e immobili all’uno o all’altro coniuge”. Ed infine, con la recente sentenza n. 26363/2022, in forza del carattere di “negoziazione globale che la coppia in crisi attribuisce al momento della liquidazione del rapporto coniugale” la Cassazione ha riconosciuto l’applicazione dell’art. 19 anche alla cessione di quote sociali tra coniugi.

L’elemento fondamentale che permette il riconoscimento dell’esenzione deve essere individuato nella centralità che l’accordo ha per i coniugi nella definizione della crisi coniugale. Dunque, possono rientrare nell’esenzione tutti gli atti funzionali alla più celere definizione del rapporto coniugale.

In forza di tale interpretazione estensiva della norma, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta in esame, ha esteso l’ambito applicativo ricomprendendovi anche agli atti relativi a procedimenti di separazione e divorzio redatti oltreconfine.

In particolare, nel caso di specie, il deposito della convenzione matrimoniale spagnola presso il notaio italiano era un atto necessario stante la necessità di aggiungere all’atto straniero i requisiti richiesti dalla legge italiana a pena di nullità, che doveva considerarsi “condizione per dare esecuzione agli accordi di divorzio” con la conseguenza che la tassazione doveva avvenire in esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa ai sensi dell’art. 19 L. 74/1987.


[1] Art. 40, n. 2 L. n. 47 del 1985; Art. 48 DPR n. 380 del 2001

[2] Art. 29, c. 1-bis, L. n. 52 del 1985

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