Forma libera per il patto fiduciario immobiliare

7 Giugno 2023

Il patto fiduciario immobiliare non richiede la forma scritta ad substantiam. È quanto statuito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 10472 pubblicata lo scorso 19 aprile 2023, in attuazione di un innovativo principio di diritto enunciato dalla medesima Corte a Sezioni Unite nella sentenza n. 6459 del 6 marzo 2020.
Il caso vede contrapposti la signora M.F. e il signor G.D., all’epoca dei fatti legati sentimentalmente e conviventi. L’attrice cita l’ex compagno davanti al Tribunale di Brindisi chiedendo di essere dichiarata comproprietaria di un immobile acquistato insieme al convenuto, del quale però risulta intestatario il solo G.D.. L’attrice sostiene di aver sottoscritto insieme al compagno il preliminare di compravendita ma che poi, al momento della stipula del contratto definitivo, il solo G.D. è risultato acquirente, avendo convinto la M.F. sul presupposto che in tal modo non avrebbe perso il diritto all’assegno di mantenimento versatole dall’ex marito. Nel 2003 le parti decidono di regolare i propri rapporti per il caso in cui fosse venuto meno il vincolo affettivo e il rapporto di convivenza e, a tal fine, stipulano oralmente un patto fiduciario in cui il G.D. (fiduciario) si impegna a trasferire una quota di proprietà dell’immobile alla M.F. (fiduciante). Il predetto patto fiduciario risulta da una scrittura privata consistente in una dichiarazione unilaterale sottoscritta dal G.D. successivamente all’acquisto dell’immobile. Nel dicembre del 2005 il G.D. abbandona l’abitazione e intima alla M.F. di rilasciare l’immobile, rivendicandone la piena ed esclusiva proprietà.
Il Tribunale di Brindisi accoglie la domanda attorea riconoscendo la scrittura privata (i.e. la dichiarazione unilaterale sottoscritta dal G.D.) come un atto di disposizione ad effetti reali idoneo a determinare il trasferimento del diritto di comproprietà in capo alla M.F.. L’ex compagno propone appello avverso la sentenza di primo grado.
La Corte d’Appello di Lecce riforma la sentenza di primo grado, sostenendo che la dichiarazione unilaterale non è atto di disposizione ad effetti reali ma solo una regolazione delle posizioni patrimoniali di dare e avere fra le parti e pertanto dichiara il G.D. proprietario esclusivo dell’intero immobile. Per l’effetto, il giudice di secondo grado condanna l’attrice al pagamento di Euro 300,00 mensili dal gennaio 2006 fin al rilascio dell’immobile, a titolo di indennità di occupazione. La M.F. propone ricorso in Cassazione per sei motivi che vengono esaminati unitariamente dal giudice di legittimità, in quanto tutti attinenti al tema della prova del patto fiduciario immobiliare.
La Suprema Corte risolve la questione alla luce dell’ultimo orientamento delle Sezioni Unite in materia, enunciato nella sentenza n. 6459 del 6 marzo 2020, la quale rappresenta un’innovazione rispetto all’orientamento fino a quel momento dominante in giurisprudenza.
Il caso era giunto all’attenzione delle Sezioni Unite perché si era formato un contrasto giurisprudenziale intorno al problema della forma richiesta ai fini della validità del patto fiduciario immobiliare. L’orientamento maggioritario assimilava il patto fiduciario al contratto preliminare, sotto il profilo dell’assunzione dell’obbligo a ritrasferire da parte del fiduciario, con la conseguente necessità di osservare la forma vincolata per relationem prevista dall’art. 1351 c.c.. In sintesi, secondo questo orientamento, il negozio fiduciario richiede la forma scritta ad substantiam qualora riguardi beni immobili, atteso che esso è equiparabile al contratto preliminare (Cass., 18 ottobre 1988, n. 5663; Cass., 19 luglio 2000, n. 9489; Cass., 26 maggio 2014, n. 11757; Cass., 17 settembre 2019, n. 23093). Di conseguenza, è onere del fiduciante quello di dimostrare l’esistenza dell’accordo scritto fiduciario, che ha preceduto o accompagnato la stipula del contratto di acquisto (Cass., 7 aprile 2011, n. 8001).
Un secondo indirizzo minoritario, inaugurato da Cass., 15 maggio 2014, n. 10633, ritiene invece che l’accordo fiduciario immobiliare non necessiti della forma scritta ai fini della validità, ben potendo la prescrizione di forma venire soddisfatta dalla dichiarazione unilaterale redatta per iscritto - successivamente all’atto di trasferimento - con cui il fiduciario si impegni a ritrasferire determinati beni al fiduciante in attuazione esplicita di un pactum fiduciae stipulato oralmente.
Tanto premesso, le Sezioni Unite risolvono il contrasto giurisprudenziale adottando l’indirizzo sino ad allora minoritario. Sostiene la Corte che l’orientamento dominante, secondo cui il patto fiduciario è equiparato al contratto preliminare e di conseguenza deve avere forma scritta ad validitatem, non è corretto. Ad avviso del Collegio, il pactum fiduciae è piuttosto assimilabile al mandato senza rappresentanza. Nel preliminare, infatti, l’effetto obbligatorio è strumentale all’effetto reale e lo precede; nel contratto fiduciario l’effetto reale viene prima e su di esso s’innesta l’effetto obbligatorio. Inoltre, l’obbligo nascente dal contratto preliminare è relativo alla conclusione di un contratto causale tipico (quale la vendita), con la conseguenza che il successivo atto traslativo è qualificato da una causa propria; diversamente, nel patto fiduciario – analogamente a quanto avviene nel mandato senza rappresentanza – l’atto di trasferimento trova il proprio fondamento causale nell’accordo fiduciario.
Ferma l’assimilabilità del pactum fiduciae al mandato senza rappresentanza, prosegue la Corte, quest’ultimo costituisce un contratto a struttura debole, nel quale quindi la forma non concorre ad integrare un requisito della fattispecie. Analogamente, anche per la validità del contratto fiduciario che prevede l’obbligo di ritrasferire al fiduciante il bene immobile non è richiesta la forma scritta ad substantiam, trattandosi di un atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio.
Fissato il principio secondo cui non è richiesta la forma scritta per la validità del patto fiduciario immobiliare, si tratta di stabilire la rilevanza della posteriore dichiarazione scritta con cui il fiduciario, riconosciuta l’intestazione fiduciaria, si impegna ad effettuare in favore del fiduciante il ritrasferimento finale.
Ebbene, il Collegio statuisce che la scrittura privata, ossia la dichiarazione unilaterale sottoscritta dal fiduciario, non costituisce fonte dell’obbligazione oggetto del patto fiduciario (i.e. il ritrasferimento immobiliare), ma ha lo scopo di dispensare il fiduciante dall’onere di provare il patto medesimo. In altri termini, la fonte dell’obbligazione di ritrasferire la proprietà dal fiduciario al fiduciante è il patto fiduciario: la dichiarazione unilaterale del fiduciario costituisce una presunzione iuris tantum dell’esistenza stessa del contratto fiduciario. Grava, perciò, sul fiduciario l’onere di fornire la prova contraria.
Applicando i principi sopra illustrati, la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 10472/2023 conclude per il riconoscimento in capo all’attrice della comproprietà dell’immobile proprio alla luce del pactum fiduciae, valido ancorché stipulato oralmente, e provato dalla dichiarazione unilaterale sottoscritta dal convenuto, dal momento che quest’ultimo non ha fornito prova contraria, non superando così la presunzione iuris tantum, generata dalla scrittura privata, dell’esistenza del patto medesimo.
Per questi motivi la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dalla M.F. e ha cassato la sentenza della Corte d’Appello di Lecce, rinviando alla stessa Corte d’Appello a provvedere al riesame della vicenda alla luce dei principi statuiti dal Corte di Cassazione.

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