Il contratto di finanziamento stipulato tramite fiduciaria fa capo al fiduciante

18 Maggio 2023

La Suprema Corte, con sentenza n. 8071 del 2023, ha affermato che il finanziamento erogato dal contribuente a società da lui indirettamente partecipate mediante società fiduciarie non può, di per sé, far presumere lo svolgimento di un’attività creditizia abusiva. Pertanto, in relazione a tale ipotetica attività creditizia non e’ possibile fondare alcun accertamento induttivo.
Tale conclusione si fonda sul fatto che il rapporto fiduciario tra il contribuente e le società fiduciarie si fonda su un concetto di fiducia di stampo “c.d. germanistico” secondo cui sebbene il contratto di mandato fiduciario ponga la formale intestazione dei beni sulla società fiduciaria, la proprietà sostanziale degli stessi rimane in capo al fiduciante. Ne consegue che per individuare la fonte del finanziamento bisogna riferirsi al rapporto interno tra fiduciante e società fiduciarie che operano quali sue mandatarie senza rappresentanza, e non al rapporto sociale esistente tra le fiduciarie e le società beneficiarie del finanziamento.
La pronuncia in commento trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate sulla base delle risultanze di una verifica fiscale da cui era emerso l’esercizio da parte del contribuente di un’attività creditizia. In particolare, l’Ufficio, in forza di un accertamento induttivo, constatava che il contribuente avesse posto in essere due operazioni di finanziamento: la prima nei confronti di società dallo stesso direttamente partecipate qualificata quale regolare operazione di finanziamento soci. La seconda verso società di cui lo stesso non era socio ma le cui quote erano da lui detenute per il tramite di società fiduciarie. A parere dell’Ufficio i finanziamenti tramite fiduciarie non potevano essere considerati eseguiti dal contribuente nella sua qualità di socio né ricondotti ad operazioni infragruppo. Pertanto, l’Agenzia, contestava “l’esercizio abusivo di un’attività finanziaria da parte del contribuente, avente natura imprenditoriale, per la sistematicità con cui detti finanziamenti erano erogati” e per l’effetto accertava in via induttiva un maggior reddito Irpef nonché maggiori ricavi Iva, irrogando le relative sanzioni.
La Corte di Cassazione, conformemente ai giudici di merito, ha statuito che i finanziamenti erogati mediante società fiduciarie sono e devono essere ricondotti al fiduciante.
Si tratta di un caso di c.d. interposizione reale: le società fiduciarie agiscono per conto del fiduciante sulla base di un mandato senza rappresentanza. Ne consegue che gli effetti del contratto di finanziamento stipulato con le società beneficiarie si producono seppur indirettamente in capo al socio mandante/fiduciante. In altri termini, la proprietà delle società beneficiarie spetta sì alle fiduciarie ma assume rispetto ad esse una connotazione meramente “formale” mentre il fiduciante, nonostante la formale intestazione del bene alla fiduciaria ne conserva la proprietà “sostanziale” ed “è quindi in grado di disporne direttamente”.
Ciò comporta che, per individuare il titolare del contratto di finanziamento l’Agenzia avrebbe dovuto seguire il c.d. approccio look through; avrebbe cioè dovuto guardare attraverso le fiduciarie per trovare l’effettivo finanziatore. Così facendo, l’Ufficio, avrebbe correttamente appurato che “se era vero che la quote delle società Alfa srl, Beta srl, Gamma srl, Delta Group srl, Epsilon srl (beneficiare del finanziamento) erano detenute da DN (contribuente) per il tramite di società fiduciarie, allora esse andavano ricondotte <> al Gruppo DN”.
Può quindi concludersi che in presenza di un rapporto fiduciario, i fiducianti sono gli effettivi proprietari dei beni da loro affidati e strumentalmente intestati. Pertanto, in caso di intestazioni fiduciarie, non può ravvisarsi un esercizio abusivo di attività creditizia quando l’operazione di finanziamento è effettuata a favore di società terze partecipate dal fiduciante per mezzo di società fiduciarie.
In assenza di un esercizio abusivo di attività’ creditizia, non era possibile imputare a livello induttivo al contribuente i maggiori redditi ipoteticamente derivanti da tale attività’.

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