Donazioni indirette a azione di riduzione

31 Gennaio 2023

Con l’ordinanza n. 35461 del 2022 la Suprema Corte, smentendo un precedente di senso contrario, afferma che in caso di donazione indiretta, il terzo avente causa dal donatario è al riparo dalle azioni restitutorie esperite dal legittimario leso o pretermesso.
Nel dettaglio, la vicenda trae origine da una successione testamentaria in cui il testatore aveva nominato erede la moglie, disponendo che alle due figlie fosse assegnata la sola quota di riserva. Una delle figlie decideva, quindi, di convenire in giudizio la sorella al fine di ottenere la riduzione delle donazioni da quest’ultima ricevute quando il de cuius era ancora in vita.
I Giudici di primo e secondo grado accoglievano la domanda proposta da parte attrice e riconoscevano il diritto della stessa a trattenere la totalità dei beni relitti, condannando la parte convenuta a corrispondere per equivalente quanto ancora necessario a reintegrare la quota di riserva spettante all’attrice.
La parte soccombente nei giudizi di merito decideva quindi di ricorrere per Cassazione. Al di là delle questioni processuali affrontate dall’ordinanza in commento, la Suprema Corte mette ordine nella materia della riduzione delle disposizioni testamentarie e donative lesive della quota di riserva e così accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione.
In primo luogo, i Giudici di legittimità statuiscono che le quote di riserva delle legittimarie sono state calcolate in modo errato a causa dell’esistenza di beni che non sono stati considerati nell’asse ereditario (relictum più donatum).
In secondo luogo, la Suprema Corte ricostruisce la disciplina dettata dal codice civile agli artt. 553 e ss. in tema di azione di riduzione, ricordando che l’azione è destinata a colpire innanzitutto le disposizioni testamentarie che, senza distinguere tra eredi e legatari, vengono ridotte proporzionalmente, passando poi alle donazioni solo nel caso in cui le prime non siano state sufficienti a reintegrare la quota di riserva del legittimario leso o pretermesso. Le donazioni, invece, non sono ridotte proporzionalmente ma in ordine cronologico, dalla donazione più recente si passa alle anteriori solo nel caso in cui la prima non sia capiente.
L’ordine da seguire nella riduzione delle disposizioni lesive della quota di riserva è tassativo e inderogabile per il legittimario. Ne consegue che se il legittimario, non avendo potuto o voluto convenire in riduzione tutti gli eredi e legatari, non ha attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive, ma solo alcune di esse, non potrà rivalersi sui donatari. In altri termini, se il relictum trasmesso mortis causa agli eredi e ai legatari è sufficiente a reintegrare la legittima, il legittimario che non abbia chiesto la riduzione di tutte le disposizioni testamentarie non potrà agire contro i donatari che, in un’ipotesi di tal fatta, sono al riparo da qualsiasi pretesa.
A questo punto, la Corte di Cassazione censura le pronunce dei Giudici di merito nella parte in cui dispongono che la reintegrazione della quota di riserva debba essere fatta necessariamente per equivalente dal momento che la donataria aveva già venduto a terzi i beni ricevuti dal de cuius. Invero, la Cassazione precisa che le donazioni in contestazione sono donazioni dirette, avendo ad oggetto beni provenienti “direttamente” dal patrimonio del donante, pertanto, ai sensi dell’art. 563 c.c. e in presenza delle condizioni ivi stabilite, il legittimario, previa escussione del donatario, può pretendere dal terzo acquirente la restituzione del bene.
Venendo all’inciso dell’ordinanza che ha suscitato maggior interesse tra gli operatori, la Cassazione ribadisce che nelle donazioni indirette, al contrario, l’azione di riduzione non mette mai in discussione la titolarità del bene donato. In questi casi, infatti, la riduzione può essere ottenuta dal legittimario solo nelle modalità tipiche del diritto di credito. In sostanza, in presenza di una donazione indiretta, il legittimario leso o pretermesso non può mai recuperare il bene in natura, ma solo il suo equivalente economico, nei limiti strettamente necessari a reintegrare la propria quota di riserva.
Nell’affermare questo principio, i Giudici di legittimità richiamano un precedente conforme della medesima Corte risalente al 2010 (sent. Corte di Cassazione n. 11496 del 2010) e un precedente di senso contrario (sent. Corte di Cassazione n. 4523 del 2022), ove viene statuito che l’art. 563 c.c. possa trovare applicazione indifferentemente alle donazioni dirette e alle donazioni indirette. I Giudici di legittimità si limitano ad affermare che l’orientamento espresso nel precedente del 2022 debba ritenersi oramai superato, in quanto evidentemente non ha tenuto conto di quanto affermato dalla Cassazione nel 2010 né delle posizioni maggioritarie sulle quali si è oramai allineata la dottrina.
Il principio affermato dall’ordinanza in commento è oltremodo condivisibile, in quanto, nelle donazioni indirette ciò di cui si arricchisce il donatario non corrisponde a ciò di cui si è impoverito il donante. In altri termini, il bene donato non è mai stato nel patrimonio del donante e, pertanto, l’azione di riduzione non può avere un carattere reale con l’effetto di far cadere il bene nell’asse ereditario, ma può far conseguire al legittimario il solo equivalente monetario.
Se dunque, in caso di donazioni indirette, il donatario può vendere i beni ricevuti senza che l’acquirente debba temere di esser coinvolto in una lite ereditaria, allora l’istituto acquista tutt’altra importanza nell’ambito della pianificazione patrimoniale quale strumento idoneo a garantire sicurezza nella circolazione dei beni.

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