Con la risposta ad interpello n. 524 del 2022, l’Agenzia delle Entrate torna a pronunciarsi sui presupposti per beneficiare del c.d. “regime impatriati”, chiarendo che al di fuori delle ipotesi di distacco all’estero del lavoratore ai fini dell’agevolazione non si richiede alcun requisito di discontinuità tra le attività svolte ante e post trasferimento in Italia.
La pronuncia di prassi, riguarda un cittadino italiano, residente nel Regno Unito, che dal 2015 svolge presso la Capogruppo inglese il ruolo di CEO, ricoprendo altresì cariche di amministratore di due controllate inglesi e della controllata italiana. Il Contribuente dichiarava nell’istanza che da settembre 2022, sarebbe stato assunto dalla controllata italiana con conseguente trasferimento in Italia, mantenendo le cariche amministrative già rivestite sotto la vigenza del precedente rapporto di lavoro estero.
L’Istante, chiariva poi, che presso il nuovo datore si occupa, oltre che degli incarichi amministrativi già in essere, anche di nuove e ulteriori mansioni, precisando che le attività svolte in origine presso la controllata italiana avevano avuto natura ancillare rispetto alla principale attività lavorativa svolta presso la Capogruppo estera. Ciò posto, domandava se, a decorrere dal periodo d’imposta 2023 potesse beneficiare del regime agevolativo ex art. 16 Dlgs. n. 147/2015.
L’Agenzia delle Entrate (“AdE”), nel rispondere al quesito, ha riconosciuto il diritto all’agevolazione per il Contribuente. Secondo l’Agenzia, infatti non osta al riconoscimento del beneficio il fatto che l’Istante sia stato assunto dalla controllata italiana presso la quale in precedenza ricopriva già il ruolo di amministratore, ovvero che lo stesso continui a mantenere le cariche amministrative precedentemente assunte presso le società del gruppo – compresa l’italiana - assunte in costanza del precedente rapporto di lavoro.
A tal fine, l’Agenzia ha richiamato la risoluzione n. 72/E del 2018, con la quale era stato precisato che la possibilità di accedere al regime impatriati, al ricorrere di tutte le altre condizioni, non è esclusa dal fatto che l’attività lavorativa sia prestata tra società che appartengono al medesimo gruppo.
L’Agenzia, inoltre, nella risposta in commento ha evidenziato che l’Istante non si era trasferito all’estero in posizione di distacco e quindi che non fosse necessario vagliare se il suo rientro in Italia fosse conseguenza della ordinaria scadenza del periodo di distacco e quindi in “sostanziale continuità con la precedente posizione lavorativa” ovvero “sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa”.
Ne consegue, quindi, che l’Agenzia distingue tra i requisiti richiesti in caso di rientro in Italia dopo il periodo di distacco all’estero ovvero per altre ragioni. In particolare, solo in caso di rientro a seguito di distacco all’estero pare essere necessaria la discontinuità tra l’attività svolta dal lavoratore prima e dopo il trasferimento in Italia. Diversamente, quando il trasferimento è determinato “da altri elementi” ciò che rileva ai fini dell’agevolazione impatriati è che acquisita la residenza in Italia, l’Istante svolga effettivamente la propria attività nel territorio italiano.