Commento alla sentenza della Cassazione Civile n. 9948 del 15 aprile 2021

26 Ottobre 2022

La sentenza ha ad oggetto la questione della trasmissibilità mortis causa del beneficio di una polizza vita dal beneficiario ai suoi eredi in caso di premorienza del beneficiario allo stipulante. La controversia è stata discussa in pubblica udienza poiché verte su questioni di rilievo nomofilattico prive di precedenti giurisprudenziali specifici.
Con riferimento ai fatti di causa, il contenzioso trae origine dalla stipula tra un sacerdote e Unicredit Vita S.p.A. di una polizza sulla vita in favore della perpetua. Il sacerdote comunica per iscritto all’assicuratore la irrevocabilità della nomina della beneficiaria e la perpetua dichiara di profittarne. La beneficiaria della polizza premuore allo stipulante, il quale disconosce la propria dichiarazione di irrevocabilità del beneficio e nomina quale nuova beneficiaria della polizza la sorella.
Nel corso del giudizio di primo grado, gli eredi della perpetua, prima beneficiaria della polizza, dichiarano di volersi avvalere della dichiarazione di irrevocabilità del beneficio (disconosciuta dal contraente dopo la morte della perpetua) e vantano, in qualità di eredi, il diritto a percepire il capite che sarebbe spettato alla prima beneficiaria qualora questa fosse stata ancora in vita. Si oppone l’assicurazione, che ritiene di dover versare il capitale in favore della nuova beneficiaria, sorella del sacerdote, in virtù del disconoscimento da parte di quest’ultimo della irrevocabilità della nomina di beneficiario. Il giudizio di primo grado si è concluso con la dichiarazione di carenza di legittimazione attiva degli eredi data la natura previdenziale o intuitu personae della disposizione a favore di terzo, venuta meno a causa della premorienza della beneficiaria.
Gli eredi della beneficiaria impugnano la sentenza di primo grado. La Corte di appello, pur ammettendo la legittimazione attiva degli eredi, statuisce che in caso di premorienza della beneficiaria il diritto all’indennizzo, che viene a maturare con la morte dell’assicurato, non è trasmissibile agli eredi della beneficiaria premorta perché non ancora venuto in essere, essendo tale diritto collegato all’evento morte dell’assicurato. Ciò significa che il credito, alla morte della beneficiaria, è rimasto nel patrimonio del contraente che ne ha legittimamente disposto nominando la sorella come nuova beneficiaria della polizza.
Gli eredi della perpetua ricorrono in Cassazione, sostenendo la violazione o falsa applicazione dell’art. 1412 c. 2 c.c., secondo il quale “la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente”. Secondo i ricorrenti la Corte di merito non considera che il diritto della beneficiaria all’indennizzo è sorto al momento della stipula della polizza, o meglio al momento della designazione del beneficiario, essendo inefficace la revoca della nomina perché intervenuta dopo la morte della beneficiaria. Il ricorso è accolto dalla Suprema Corte, secondo la quale l’orientamento della Corte di appello non è conforme ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di assicurazione sulla vita a favore di terzo e, più in generale, di contratto a favore di terzo.
Anzitutto, la trasferibilità del diritto del terzo agli eredi ex art. 1412 c. 2 c.c. si applica anche al contratto di assicurazione a favore del terzo, che si configura in questo senso come un contratto a favore del terzo in virtù del rinvio agli artt. 1411 ss. c.c. (“Contratto a favore del terzo”) contenuto nell’art. 1920 c.c. (“Assicurazione a favore di un terzo”).
Inoltre, la trasferibilità del diritto del beneficiario agli eredi si evince anche dalle stesse norme sull’assicurazione. Infatti, ex art. 1920 c. 3 c.c. “Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”. Ciò significa che l’acquisto del diritto da parte del terzo beneficiario si determina per effetto e al momento della designazione: in quel momento il diritto all’indennizzo fuoriesce dal patrimonio del contraente ed entra a far parte del patrimonio del beneficiario, salvo revoca della nomina da parte del contraente – beninteso, revoca che deve intervenire prima della morte del beneficiario.
Per di più, il diritto all’indennizzo che, lo si ripete, si trasferisce in capo al beneficiario al momento della designazione, è un diritto di credito, e quindi liberamente disponibile da parte del titolare (i.e. il beneficiario) per atto tra vivi o mortis causa, nonché trasmissibile agli eredi.
Infine, sostiene la Suprema Corte, la morte del contraente non è, come erroneamente affermato dalla Corte di merito, condizione di esistenza del diritto del beneficiario all’indennizzo, ma è piuttosto il termine di esigibilità della prestazione da parte del beneficiario. Solo seguendo tale interpretazione, l’assicurazione sulla vita a favore del terzo non risulta contraria al divieto di patti successori, i quali sono invalidi proprio perché vengono ad esistenza al tempo della morte del disponente. In più occasioni la Corte di legittimità ha dichiarato l’invalidità di un patto la cui efficacia è subordinata alla morte del contraente: ad esempio, con riferimento ad un contratto di deposito irregolare di somme di denaro in cui si stabiliva che un terzo potesse prelevare la somma solo dopo la morte dello stipulante, la giurisprudenza vi ha ravvisato una nullità derivante dalla violazione del divieto di patti successori sancito dall’art. 458 c.c..
Per le ragioni sopra esposte, la Suprema Corte afferma il seguente principio di diritto: “La disposizione di cui all’art. 1412 c.c., comma 2, in base alla quale, con riferimento al contratto a favore del terzo, la prestazione al terzo, dopo la morte dello stipulante, deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente, si applica anche al contratto di assicurazione sulla vita”. La Corte rinvia poi al giudice di merito per la decisione circa l’efficacia o meno del disconoscimento della dichiarazione di irrevocabilità della nomina del beneficiario della polizza.
L’orientamento seguito dalla Cassazione è stato poi confermato dalla medesima Corte a Sezioni Unite, la quale, nella sentenza del 30 aprile 2021 n. 11421, ha statuito che “Allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo”.
In conclusione, le soluzioni individuate dalla Corte di legittimità nella sentenza in esame sono le seguenti:
i. la polizza vita è inquadrabile nell’ambito del contratto a favore del terzo, dato il richiamo agli artt. 1411 ss. c.c. contenuto nell’art. 1920 c.c.;
ii. il beneficiario della polizza vita acquista il diritto all’indennizzo al momento della sua designazione, per espressa previsione ai sensi dell’art. 1920 c. 3 c.c.;
iii. in caso di premorienza del beneficiario il diritto all’indennizzo si trasmette agli eredi del beneficiario, trattandosi di un diritto di credito trasferibile mortis causa senza con ciò violare il divieto di patti successori.

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