Trust inesistente e poteri del beneficiario

14 Dicembre 2021

La risposta ad interpello n. 796, pubblicata in data 1° dicembre 2021, ha ad oggetto un trust il cui disponente aveva vincolato, inter alia, le quote di maggioranza di una società di persone. I beneficiari erano essenzialmente i figli del disponente che lavoravano nella società. In proporzione alle ore lavorate, i beneficiari maturavano una quota di reddito che confluiva in un paniere reddituale dedicato a ciascun beneficiario.

La gestione del trust era affidata ad un trustee, tuttavia alcuni poteri erano vincolati al previo consenso del guardiano. Come meglio si vedrà nel seguito, non vi è chiarezza, in base al testo della risposta, circa l’effettiva portata dei poteri del guardiano. Il guardiano era nominato e revocato dai beneficiari a maggioranza. I beneficiari non potevano trasferire la propria posizione beneficiaria e nemmeno estinguere anticipatamente il trust, se non al termine del cd. “periodo di indisponibilità” di cinque anni; nel documento non è tuttavia chiaro se tale potere di estinzione anticipata fosse effettivamente attribuito – e a quali condizioni - ai beneficiari. Solo in seguito a determinati accadimenti, inoltre, i beneficiari erano intitolati a revocare il trustee e nominare il suo successore. Il guardiano era il consulente di fiducia della famiglia del disponente e dei beneficiari.

Le modalità di attribuzione dei redditi confluiti nei panieri ai beneficiari avrebbero dovuto essere decise dal trustee col consenso del guardiano. In ogni caso, al momento della presentazione dell’interpello, il trustee non aveva ancora costituito il paniere reddituale dedicato a ciascun beneficiario.

L’Agenzia delle Entrate (“AdE”) ritiene che il trust in esame non possa essere considerato validamente operante sotto il profilo fiscale. Ciò in ragione dei poteri esercitati dai beneficiari sul guardiano il quale, a propria volta, poteva incisivamente influire sull’attività del trustee. Secondo la circolare 61/2010, infatti, uno degli “indici di interposizione” è appunto rappresentato dal fatto che i poteri del trustee siano vincolati alle volontà del disponente o dei beneficiari.

Sulla base di ciò, l’AdE afferma che i redditi formalmente prodotti dal trust debbano essere assoggettati a tassazione in capo al disponente.

La risposta in esame, pur confermando naturalmente la necessità di vagliare con attenzione i poteri attribuiti al guardiano – avendo particolare riguardo alla sussistenza di poteri vincolanti sull’operato del trustee (nonché la sua “prossimità” rispetto al beneficiario o al disponente) – lascia non poche perplessità. Nella fattispecie in esame, in effetti, non vi è certezza in merito alla effettiva esistenza in capo al guardiano di poteri tali da giustificare l’inesistenza del trust. L’istante, nella descrizione non sembra attribuire particolare rilevanza a tali poteri. L’AdE nella propria valutazione, facendo riferimento alle disposizioni dell’atto istitutivo, sembra invece affermare l’esistenza di un potere di veto pressoché totale del guardiano rispetto al trustee. In assenza di un esame diretto dell’atto di trust non è possibile, in questa sede, capire entro che limiti la posizione dell’AdE sia o meno giustificata.

Alcune considerazioni sono inoltre necessarie con riferimento al soggetto al quale devono essere imputati i redditi del trust fiscalmente inesistente.

La risposta, pur affermando l’inesistenza fiscale del trust in ragione dei poteri esercitati dai beneficiari, prevede che i relativi redditi vengano imputati al disponente. Ciò sulla base di un passaggio della Circolare 61/2010 secondo la quale, in caso di inesistenza fiscale, “tali redditi saranno assoggettati a tassazione in capo al disponente secondo i principi generali previsti per ciascuna della categorie reddituali di appartenenza”.

Tuttavia, tale conclusione non è perfettamente corrispondente al contenuto della circolare 61/2010. In base alla circolare, infatti l’imputazione dei redditi al disponente presuppone che “il potere di gestire e disporre dei beni permane in tutto o in parte in capo al disponente e ciò emerge non soltanto dall’atto istitutivo del trust ma anche da elementi di mero fatto”. In altre parole, la circolare 61/2010 prevede l’imputazione al disponente dei redditi del trust solamente nelle ipotesi in cui il disponente stesso mantiene un controllo sul trust. Per coerenza, laddove siano invece i beneficiari a esercitare un controllo sul trust, sembra ragionevole che i redditi del trust fiscalmente inesistente debbano essere imputati a questi ultimi, in quanto soggetti “interponenti”.

Sotto tale profilo, le argomentazioni dell’AdE non sono perfettamente chiare. In astratto si potrebbero ipotizzare due interpretazioni.

In base ad una prima interpretazione, l’AdE avrebbe inteso affermare, come principio generale, che i redditi del trust fiscalmente inesistente debbano essere sempre e comunque imputati al disponente, a prescindere dai poteri da questo conservati sui beni in trust. Se così fosse, le conclusioni dell’AdE non potrebbero in alcun modo essere condivise.

In base ad una seconda lettura, la conclusione raggiunta dall’AdE potrebbe essere stata influenzata dalle caratteristiche in concreto della fattispecie esaminata. L’atto di trust prevedeva infatti, come detto, la costituzione di panieri dedicati ai beneficiari nei quali accumulare i redditi. Al momento della risposta, il sistema dei panieri non risultava ancora implementato. Inoltre, nella vigenza del “periodo di indisponibilità”, i beneficiari non avevano nemmeno il potere di far terminare il trust. Tali circostanze, unitamente alla vicinanza del guardiano alla famiglia (e dunque, sulla base di una deduzione di buon senso, al disponente), potrebbero avere indotto l’AdE ad imputare, almeno per il momento, i redditi al disponente stesso, anziché ai beneficiari. Ciò in quanto l’AdE potrebbe aver ritenuto che, di fatto, non sussistesse una posizione attuale dei beneficiari.

In ogni caso, nemmeno tale lettura risulta essere perfettamente appagante. Assumendo infatti l’esistenza di un potere di controllo dei beneficiari, come affermato dall’AdE nel caso in esame, in ogni caso i redditi del trust avrebbero dovuto essere imputati ai beneficiari. La mancata implementazione del sistema dei panieri non dovrebbe essere di ostacolo a questa attribuzione. Se infatti fosse vero che i beneficiari hanno di fatto un controllo indiretto del trustee, i beneficiari stessi avrebbero in ogni momento potuto implementare il sistema dei panieri.

In sintesi, la risposta in esame introduce molteplici fattori di incertezza nella fiscalità dei trust. Ciò sia con riferimento al ruolo del guardiano che con riferimento ai soggetti ai quali imputare i redditi del trust inesistente. In entrambi i casi non è peraltro chiaro se le precisazioni contenute nella risposta debbano essere intese come principi generali o se siano dettate da mere valutazioni di fatto e di cautela fiscale, legate alla fattispecie in concreto esaminata. È senz’altro auspicabile che l’AdE, in un documento generale o in una risposta successiva, formuli in maniera più nitida la propria posizione.  

Per completezza, la risposta non si sofferma, non essendo la questione di pertinenza dell’AdE, sulla eventuale inesistenza sotto il profilo civilistico del trust. Ad ogni modo tale inesistenza civilistica non può essere desunta dall’inesistenza fiscale del trust. Le due nullità possono ovviamente coincidere. In presenza degli “indici di interposizione” fiscale occorre dunque sempre valutare con particolare attenzione alla capacità del trust di produrre i suoi effetti, a prescindere dalla fiscalità applicabile. La prassi conosce molti esempi di trust da considerarsi interposti fiscalmente, ma in linea di principio validi sotto il profilo civilistico. Si pensi ad esempio al cd. “trust autodichiarato” ovvero ai trust “autodestinati”. In tali ipotesi, il trust ben potrà produrre i propri eventuali effetti (es. di segregazione, accumulazione) ferma restando l’eventuale responsabilità del disponente ai fini delle imposte sui redditi.

Del resto, lo stesso legislatore, con la legge n. 112/2016 (Dopo di noi) non solo ha espressamente riconosciuto ai genitori di persone con disabilità la possibilità di istituire trust auto-dichiarati, ma ha, altresì, incoraggiato il ricorso a tali strutture prevedendo particolari sgravi fiscali, esenzioni ed incentivi.

Pertanto, laddove il soggetto interessato sia disponibile ad addossarsi la responsabilità ai fini delle imposte sui redditi, il trust, anche se fiscalmente inesistente, potrà costituire comunque un lecito strumento di pianificazione patrimoniale. Ciò, ad esempio, può accadere laddove il disponente voglia mantenere il controllo sulla gestione dei beni in trust pur volendo destinare/vincolare tali beni a particolari fini, ovvero riservare a sé stesso il beneficio del fondo in trust finché in vita, pianificando per il tramite del trust - con maggiore flessibilità - la trasmissione a terzi del patrimonio nel tempo.

cross